#4/2014 – GUIDO BAGLIONI con Serafino Negrelli

Passiamo quindi alla sua ultima pubblicazione[23], diversa dalle precedenti, che offre “un racconto del lavoro salariato”: può dirmi perché e come nasce?

E’ libro diverso dai precedenti, più concentrati sulla tutela del lavoro e le relative modalità garantite dall’esperienza sindacale, in si sofferma sul tema del lavoro (in particolare salariato), del posto e del rapporto di lavoro, delle condizioni economiche e sociali dei lavoratori, del rilievo del lavoro nella società e per gli stessi lavoratori, dei modi di tutelare e valorizzare il loro apporto, dei cambiamenti intervenuti dall’inizio dell’industrialismo, fino agli ultimi anni, con la crisi che inizia nel 2008. Il libro non riguarda esplicitamente il mercato del lavoro e i criteri di impiego del lavoro nell’impresa, anche se sono numerosi i richiami ad essi, specie quando si parla delle figure lavorative, in primo luogo degli operai. Alcune recensioni sostengono che si tratta di un libro sul lavoro operaio, anche se in Italia è stato importante pure il lavoro agricolo e il lavoro nel terziario.libro%20baglioni

La parola “racconto” non è casuale, in quanto lo stile scelto è quello colloquiale, rivolto anche ai non specialisti. Ma per chiarire la differente natura del libro rispetto ai precedenti, mi sembra importante aggiungere un ulteriore punto. I lavoratori dipendenti, nel passato come nel presente, hanno certamente degli aspetti comuni e determinanti: salario, orario, posto di lavoro. Nello stesso tempo, però, il lavoro salariato è fatto di diversità, di molte diversità, di crescenti diversità. Ma così è sempre stato: per esempio, la differenza tra operaio specializzato e operaio comune è tipica dell’impresa industriale. Anzi vorrei dire che se si vuol rappresentare il lavoro, ci si riesce meglio attraverso le sue diversità. Pensiamo ad una prima diversità, tra lavoro manuale e lavoro non manuale, quella che tu stesso hai definito come differenti dimensioni del “saper fare” e del “saper essere”[24].

In realtà, come ho argomentato, la dimensione del “saper essere” (riguardante in maniera prevalente il lavoro non manuale altamente qualificato) è sempre più appannaggio di molte attività di lavoro, sia manuale che non manuale… 

Questa è una differenza fondamentale: il lavoro manuale è in genere il lavoro più pesante, ma non sempre. Mio padre era un incisore, svolgeva un lavoro manuale perché usava uno scalpellino e un martellino, ma era un lavoro raffinatissimo, in sé. Quindi, già la gamma del lavoro manuale è enorme. L’universo impiegatizio è ancor più diversificato. Con uno slogan, si dice spesso che si è passati dal mondo delle fabbriche al mondo degli uffici, cioè dal lavorare prevalentemente in piedi allo stare in gran parte seduti. Poi c’è tutto l’universo dei tecnici. Questo, per stare all’interno del mondo del lavoro salariato, a sua volta diverso dal mondo manageriale. Senza dimenticare novità essenziali, quali la crescita dell’occupazione femminile, un fenomeno scontato ma non meno sconvolgente.

Nel cogliere tali diversità, questa è una delle tesi del libro, il ruolo delle scienze sociali è stato determinante. BLAUNERQuando si comincia a guardar dentro il lavoro salariato, manuale e non, si capisce subito quali sono le diversità. Il lavoro è alienante? In realtà, arriva un certo Blauner[25], negli anni sessanta del secolo scorso, il quale  osserva che l’alienazione può essere di quattro tipi, in crescendo o in decrescendo. E cita il fatto che il lavoro del tipografo è meno alienante degli altri tipi di lavoro (alla catena di montaggio dell’automobile, al telaio tessile o sugli impianti chimici). Ritengo che le scienze sociali, e non solo le esperienze storiche, siano state un fattore importante che ha messo in crisi le ideologie unitarie del lavoro come classe. MAYOSi pensi al peso che hanno avuto nella dottrina sociale della chiesa, se si leggono le encicliche. Economia e sociologia emergono come due scienze fondamentali in tal senso. Se si guarda poi al mondo imprenditoriale, quando  vuole occuparsi di relazioni di lavoro, comincia con un grande psicologo sociale come Elton Mayo[26].

E da lì si comincia a distinguere, a vedere tutto fuorché una realtà unitaria o omogenea…

E lo è sempre meno. In questo libro, divido il periodo del dopoguerra in sotto-periodi: il primo della cosiddetta “età dell’oro”, dal 1945 agli anni ’70; il secondo dagli anni ’80; infine un terzo, ovvero il periodo della crisi attuale. Ho lavorato su queste tre fasi perché coincidono con quelle in cui io mi sono occupato del lavoro. Ho cominciato negli anni ‘50, ho vissuto queste tre fasi, per questo il libro è ricco di elementi di carattere informativo, emozionale, di memoria, superflui ma, ritengo, interessanti. Molti dei lettori hanno colto bene il senso dei primi due capitoli, il problema ideologico o negoziale della tutela del lavoro, ma a volte hanno trascurato la seconda parte, quella prima delle conclusioni, la parte più sociologica, cioè appunto il capitolo sulle scienze sociali, e i due capitoli sulle condizioni di lavoro negli anni ‘50, il “germe del benessere”, e le condizioni di lavoro nel nuovo secolo, con la “sorpresa della crisi”. Un ultimo capitolo, prima delle conclusioni, presenta la tesi che il lavoro conta meno. Può essere un controsenso, ma sostengo che ormai il lavoro non è quasi tutto come negli anni ‘50 e ‘60. Il lavoro resta centrale come prima per quanto riguarda il salario, gli aspetti normativi, lo stato sociale. Solo che oltre il lavoro, se si escludono i rapporti familiari e amicali, erano allora poche  le cose di cui operai e contadini si potevano occupare. Il grande salto avviene nei decenni che seguono, e anche dopo gli anni ‘80, di fatto, continua questa evoluzione. Ricordiamo l’evoluzione dei consumi: pensiamo a cosa consumavano i lavoratori negli anni ’50 e cosa consumano nel duemila. La casa e l’arredamento, la “cultura” della corsa alla pensione, sono questi tra i fattori per cui il lavoro conta di meno. E’ una tesi forse impopolare, ma l’ho sempre sostenuta…

Adesso il lavoro, pur essendo centrale, è diventato meno rilevante nella vita quotidiana. Questo perché la vita si è resa più ricca, più complicata, più complessa: i nuovi consumi, la proprietà della casa e l’arredamento della casa, non sono cose da poco, cambiano gli equilibri in maniera fondamentale. In questa logica, l’allungamento del periodo della scolarità, unita alla corsa alle pensioni, l’ansia di andare in pensione presto, fanno sì che il periodo dedicato al lavoro sia inferiore a quello di un tempo. Si si amplia e si complica inoltre il legame tra famiglia e lavoro (basti pensare all’occupazione femminile, ai mutamenti nella definizione degli orari di vita e lavoro), il che talvolta presenta dei vantaggi (ad esempio nella crisi attuale, se si lavora in due, è meglio…). E poi il “tempo libero”, che in passato a volte era “gestire la stanchezza”, dormire di più, perché l’operaio e il contadino non sapeva cosa fare o dove stare, nel suo piccolo appartamento. Ecco, io inserisco nel racconto tutti questi elementi: descrivo ad esempio la cucina, dove ci si scaldava e ci si faceva da mangiare, associata ad una vita di sobrietà, di grande equilibrio, ma non di povertà. La connessione tra lavoro e povertà è paradossalmente più attuale oggi, col tenore di vita di oggi, che l’operaio, l’impiegato, il tecnico hanno molte più distrazioni. Questa parte più culturale dell’analisi sociologica, di solito un po’ trascurata, è molto sottolineata in questa parte del libro.

Come si conclude questo racconto del lavoro salariato?

Sostengo la positività riformista del miglioramento, che pure ha seguito tre varianti nei paesi europei: quella socialdemocratica, quella laburista e quella cristiano-sociale. Ha vinto in generale questa via del miglioramento graduale. Con la crisi, si accentuano però alcune questioni. In particolare, il problema centrale del lavoro non è più considerato il rapporto di lavoro, dipendente, subordinato, con un certo orario, una certa disciplina, ecc., ma la scarsità dei posti di lavoro. Oggi, quando si parla nel linguaggio comune del problema del lavoro, si intende il problema della (mancata) occupazione. guido-baglioni_wwwcislveneto.it

Certo, restano dei punti forti in cui prevale il rapporto di lavoro, come a Pomigliano, ma dietro c’era nella sostanza il problema dell’occupazione. Prevale una certa sdrammatizzazione del rapporto di lavoro nella percezione comune, del tipo: “Beh, se hai un posto, sei abbastanza fortunato, soprattutto se è a tempo indeterminato”. E’ diverso dagli anni ’50, quando tutto il lavoro – perlomeno quello regolare – era tempo indeterminato. Un secondo aspetto connesso a questo, molto problematico, è il fatto che il tema del lavoro oggi non è in primo luogo la questione distributiva. La povertà è cresciuta, soprattutto perché una parte di coloro che non erano poveri dieci anni fa si sono avvicinati alla soglia della povertà. La distinzione degli anni ’50 tra lavoro e povertà adesso è sempre meno definibile, c’è una sovrapposizione: una parte del ceto medio, o comunque di lavoratori occupati, si trova alle soglie della povertà. Ma questo problema non si risolve semplicemente con la migliore distribuzione della ricchezza prodotta. A mio parere la via d’uscita è quella della crescita, come ormai sostengono in molti. Da questo punto di vista il problema prioritario non è quindi quello di ridurre le ingiustizie, che pure ci sono, ma di aumentare le opportunità di occupazione. Per questo siamo qui ad implorare che cresca l’inflazione, dopo aver vissuto decenni di controllo dell’inflazione…

[L’intervista riprende quella pubblicata nel volume curato da G.P. Cella e G. Provasi (2001), Lavoro sindacato partecipazione. Scritti in onore di Guido Baglioni, FrancoAngeli, Milano, contenente contributi di A. Accornero, M. Baglioni, L. Bordogna, M. Carcano, M. Catino, M. Colasanto, G. Della Rocca, L. Frey, G. Gasparini, P. Kemeny, B. Manghi, M. Napoli, S. Negrelli, D. Paparella, R. Pedersini, A.M. Ponzellini, I. Regalia, M. Regini, E. Reyneri, E. Rotelli, T. Treu, V. Volpe, S. Zaninelli (nell’immagine sotto, la copertina del volume). Nel dicembre 2014 la versione originaria è stata ridotta, rivista e aggiornata dagli autori e dalla redazione per la versione ELOweb].baglioni

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