#1/2015 – ANGELO PICHIERRI con Valentina Pacetti

Tornando alle tue esperienze internazionali, ce ne sono altre che hanno avuto un peso importante?

CONVEGNO RENNES (2)Beh, c’è stata la filiera francese. Con l’Institut des Sciences Humaines di Lione, dove mi portò per la prima volta Bagnasco, e con Bernard Ganne, ho avuto rapporti regolari per molti anni (adesso nel comitato di cui facevo parte c’è Adriana Luciano). Ma soprattutto c’è stata Parigi: un paio di inviti negli anni ’90 alla Ecole des Hautes Etudes en Sciences Sociales, il primo legato alle mie relazioni Egos, il secondo come “tedesco”, in un centro di studi franco-tedesco. Poi, due inviti come visiting professor a SciencesPo, avendo come riferimento prima Friedberg e poi Patrick Le Galès. Nantes 2010 (ricerca EU)L’ideale per combinare Sociologia dell’organizzazione e Sociologia del territorio; sulla città in particolare continuo a imparare da Patrick, che ha tanti anni meno di me. Un po’ delle mie conoscenze parigine le conosci anche tu, visto il tuo dottorato italo-francese, che ho supervisionato con Le Galès.  Alcuni li abbiamo avuti come compagni nel periodo di ricerche a finanziamento europeo in cui Serafino Negrelli, con la Fondazione Seveso, ci ha fatto girare l’Europa.
Serafino avevo cominciato a frequentarlo e apprezzarlo nel mio periodo di coordinatore AIS-ELO, grazie al suo eccellente lavoro organizzativo. Porto 2008 meeting ricerca europea con Serafino Negrelli Da quelle ricerche abbiamo ricavato qualcosa (tu, Serafino ed io) ma quel modello organizzativo di ricerca internazionale mi ha sempre lasciato un po’ perplesso: lavorare con tanti gruppi diversi era stimolante e divertente, ma anche difficilmente governabile.

Perulli PichierriIl modello della mia ultimissima ricerca internazionale, finanziata dallo European Research Council, è molto diverso, e prevede un unico principal investigator. Il principal investigator che mi ha invitato a Barcellona per una ricerca sulle trajectories of modernity, è Peter Wagner, che avevo conosciuto quando era un giovanissimo ricercatore al WZB. L’invito è arrivato nel mese del mio pensionamento: una seconda giovinezza…
Una parte dei risultati di questa ricerca li ho spesi con Paolo Perulli (con lui ho lavorato, tra l’altro, al “Progetto Nord”),
che ha una cattedra all’Università della Svizzera Italiana: così mi preparo a una terza giovinezza svizzera… Negli ultimi anni ho continuato a lavorare con gli amici di una vita, come Adriana Luciano, e ne ho ritrovati alcuni all’Università del Piemonte Orientale, grazie a Luisa Bianco che ha ripescato il suo vecchio tutor. Nel corso di attività più vicine all’industria e alla politica locale ho approfondito un rapporto prezioso con Beppe Berta.

Dicevamo che l’interesse per la Sociologia nasce dall’impegno politico. Come si è evoluto nel tempo il rapporto tra il mestiere del sociologo dentro e fuori l’Università?

SENEGHE_3Ti ho detto qualcosa della mia militanza giovanile, “sessantottina”. In seguito ho lavorato molto col sindacato, sono stato anche presidente dell’Ires CGIL di Torino. Il mio passato siderurgico ha continuato a perseguitarmi, e faccio ancora attività di formazione e intervento a ridosso di quel che resta della siderurgia italiana, con base in un istituto di Terni. Il mio lavoro sullo sviluppo locale ha avuto come sede privilegiata la Scuola estiva di sviluppo locale “Sebastiano Brusco” di Seneghe, in Sardegna, fondata da Benedetto Meloni e ora trasformata in associazione. La mia presenza sulla scena piemontese ha avuto un finale fisiologico con la presidenza di Ires Piemonte, l’istituto di ricerche economiche e sociali della Regione. E poi… diciamo che questo è un abbozzo di indice della prossima intervista?

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