#2/2015 – BIANCA BECCALLI con Sabrina Perra

Qualche tempo fa, hai espresso alcuni dubbi rispetto al futuro della sociologia in Italia, parlando di un vero e proprio declino riferibile a tre aspetti principali: il discorso pubblico; la difficoltà del paradigma sociologico; la mancata ripresa dell’inchiesta. Sarebbe interessante se illustrassi meglio questi aspetti…

Credo che si possa partire da un’osservazione banale: la stampa quotidiana non parla altro se non di finanza! Esiste una narrazione collettiva per cui chiunque pensa di sapere e poter discutere di spread! Siamo in un tempo, in una società tanto governata dal discorso economico che questo è il primo ostacolo che incontra la sociologia: è più facile entrare nel discorso pubblico con l’economia. pikettyCerto, un po’ la sociologia ci entra con un discorso sulle diseguaglianze, anche se con una modalità un po’ subalterna all’economia. Si narra una diseguaglianza “oggettiva” (come anche nel libro di Thomas Piketty), non quella sperimentata, vissuta, agita. E’ più facile, non dico entrare nel cuore della gente (che sarebbe un discorso politico), ma anche toccare le sollecitazioni da un punto di vista morale e dei diritti, che non da un punto di vista più propriamente sociologico. Basta fare l’esempio dei mondi migranti contemporanei e dei diritti negati, ovvero “annegati”, come li definisco io. Il discorso sociologico su questi temi è più difficile che si innesti nel discorso pubblico.migranti Anche il papa, che considero uno dei politici più efficaci in questo momento, parla del pianeta, del futuro, di ecologia e dei diritti, anche contro l’economia, ma non parla dell’esperienza della diseguaglianza. La sociologia si è occupata della diseguaglianza come vissuto: in Marx sono chiaramente definiti concetti come privazione assoluta e relativa; Durkheim e Weber, per citare solo i classici, discutono questi stati di privazione come le condizioni che mettono poi in moto le percezioni individuali e collettive. mondi migrantiQueste sono dimensioni estremamente importanti dell’analisi sociologica contemporanea, ma non rappresentano un tema centrale. A meno che non si ponga l’attenzione sul mercato: a quel punto, il consumatore compare, ma in una forma caricaturale quasi come se fosse invaso dal mercato!

Quale il possibile contributo della sociologia oggi rispetto al tema dei mondi migranti di cui parlavi?

Credo che la sfida attuale del multiculturalismo sia molto importante, anche perché ci è come “cascata addosso”. Il riferimento non è più soltanto alla questione spesso generica della globalizzazione, ma alle crisi geopolitiche in corso. Il tema delle società multiculturali non è certo nuovo, ma i profughi lo trasformano quasi in un must, non più un semplice stimolo. Comunque la riflessione sulla molteplicità delle culture è secondo me un grosso input per la ricerca sociologica. Anche se il dibattito è oggi più normativo, etico, filosofico; la sociologia è direttamente chiamata in causa. E così devo dire dei temi delle generazioni. Si tratta di temi che chiamano in causa più la sociologia che l’economia o la psicologia. Non vorrei essere considerata una comtiana sull’egemonia delle scienzbeccalli ambroginoe, ma mi pare che la sociologia sia la scienza deputata allo studio di questi fenomeni. Sono una durkheiminiana di formazione, per cui credo ancora a les régles de la methode sociologique e alla regola che quando di un fatto sociale si dà una spiegazione individuale, questa è sempre insoddisfacente, per non dire errata!

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