#2/2016 – MASSIMO PACI con Emmanuele Pavolini

Il tuo percorso professionale ha anche previsto l’impegno politico. A questo proposito, quali ritieni siano le esperienze più interessanti e che cosa ti hanno insegnato?

L’impegno politico è stato importante per me. Già negli anni Cinquanta (non avevo ancora venti anni) entrai a far parte di Unità Popolare[10]: ricordo ancora il momento di esultanza, quando fu chiaro che il nostro apporto risultò decisivo per impedire che scattasse il meccanismo maggioritario. Quella esperienza fu il mio battesimproblemi-del-socialismoo politico. Il PSI propose poi ad Unità Popolare di entrare nel partito, inserendo i suoi rappresentanti ai vari livelli della organizzazione interna. Fu così che, come rappresentante dei giovani di Unità Popolare, fui cooptato nel direttivo nazionale della Federazione Giovanile Socialista (dove c’era Craxi, giovane, alto e… molto magro!). Conobbi poi Vittorio Foa e Lelio Basso ed iniziai a collaborare, con alcuni brevi articoli, prima a Mondo Operaio e poi a Problemi del socialismo. Ma, più importanti furono i Quaderni rossi come esperienza di formazione politica per me. Qui si sviluppò un rapporto anche di amicizia con Raniero Panzieri, Vittorio Rieser, Aris Accornero, Aquaderni-rossi-2lberto Asor Rosa, Mario Tronti e altri ancora. Scrissi un articolo che risentiva alquanto del modello elaborato da Touraine relativo alle fasi della qualificazione operaia alle fabbriche Renault[11].
Da questo punto di vista, i miei studi parigini mi permisero di articolare sociologicamente il concetto di “operaio-massa”, allora utilizzato in termini politico-ideologici molto generali.

Quando alcuni anni dopo tornai in Italia dal mio periodo di due anni passati a Berkeley, avevo sviluppato un’idea diversa della politica, avendo visto come una piccola rete di attivisti, con sede in molte 20160914_163742università americane, era stata in grado di mobilitare oltre un milione di persone per un’enorme manifestazione a Washington contro la guerra in Vietnam. Ero partito dall’Italia convinto che gli americani fossero poco politicizzati, perché non avevano grandi partiti organizzati. Ma mi dovetti ricredere: c’era un altro modo per mobilitare le masse.

Negli anni Settanta, ma soprattutto nei due decenni successivi, il mio impegno politico prese altre forme: cominciai a scrivere sistematicamente articoli sull’Unità e su Rinascita. Mi presentai poi alle elezioni regionali, come indipendente nelle liste del Partito Comunista Italiano (PCI), e divenni consigliere regionale nella Regione Marche nel quinquennio 1982-1987. Più tardi ho partecipato, come delegato, al congresso di fondazione del Partito Democratico della Sinistra (PDS) e sono stato membro del Consiglio Nazionale. Neglipaci-e-bassolino stessi anni fui anche direttore dell’Istituto Gramsci delle Marche, membro della Commissione Onofri istituita da Prodi “sulla compatibilità della spesa sociale”, del Comitato direttivo della Fondazione Lelio e Lisli Basso e, fino al suo scioglimento, del Consiglio direttivo della Fondazione CESPE, che negli anni migliori ha svolto un ruolo importante nella discussione di politica economica dimg253el PCI e poi del PDS. Infine sono stato consigliere di Bassolino al Ministero del Lavoro nel secondo governo D’Alema, insieme con il compianto Massimo D’Antona (che, meno di un anno dopo, fu assassinato dalle nuove Brigate rosse davanti alla Facoltà di Sociologia). Fu Bassolino che mi propose di assumere la Presidenza dell’INPS.
Con questo incarico (dal 1998 al 2001), feci un passo ulteriore rispetto al mio impegno politico precedente: accettai di occuparmi direttamente di questioni amministrative e gestionali di rilevanza nazionale. Nel mio libro Passaggi di stagione racconto, in terza persona, alcuni aspetti questa esperienza.

In quegli anni mi fu anche chiesto di presentarmi alle elezioni politiche nazionali, ma non accettai. Tranne l’esperienza all’INPS, tutto ciò che ho fatto in politica è stato più nelle vesti di “consigliere” che in quello di policy maker. Ho cercato di mettere a frutto le mie conoscenze ed i miei studi per migliorare 4-marzo-2006le politiche pubbliche in un’ottica progressista o di sinistra. Nella Regione Marche, ad esempio, in qualità di consigliere di opposizione, feci alcune proposte di politica attiva del lavoro, per migliorare il funzionamento della formazione professionale e dei servizi del lavoro: ma esse, forse, erano premature all’epoca e caddero nel vuoto. Analogamente, nella Commissione Onofri contribuii a proposte di riforma degli ammortizzatori sociali, che però non ebbero seguito sul piano delle politiche di governo.

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