La figura di EMILIO REYNERI, tra gli studiosi italiani della sociologia del lavoro più conosciuti, sia nella comunità scientifica, che tra generazioni di studenti formatisi sul suo fortunato manuale, è associata a rigore e linearità di percorso. Invece, nella conversazione con Giovanna Fullin, a prevalere sono le svolte impreviste imboccate dalla sua traiettoria professionale: l’ingresso nella Scuola di formazione di Sociologia aperta pochi mesi dopo la sua laurea in Bocconi; la possibilità raccolta quasi per caso di spostarsi a Catania, inattesa esperienza di arricchimento professionale e personale; le nuove occasioni che si schiudono alla sua carriera universitaria a seguito di apparenti insuccessi. L’intervista ricostruisce vincoli e opportunità del contesto storico nel quale si realizza il suo percorso di ricerca, seguendo il tema del lavoro come filo rosso: dai primi studi sull’organizzazione del lavoro, alle ricerche sull’emigrazione di ritorno, fino ai molteplici approfondimenti sul mercato del lavoro. Le riflessioni sulle varie esperienze realizzate, sia nell’ambito della ricerca nazionale e internazionale, sia nel campo delle consulenze, offrono ai sociologi (non solo economici) di domani preziosi suggerimenti: cercare un equilibrio che consenta di incrociare i problemi studiati, evitando sia il monotematismo sterile che l’inconcludente dispersione; “sporcarsi le mani” con la ricerca nel campo; adottare, a seconda delle esigenze, sia la metodologia quantitativa che quella qualitativa; accogliere la sfida dell’internazionalizzazione, partecipando a progetti o reti di ricerca internazionali e adeguandosi alla logica della valutazione tra pari.