Sessione 2 – Fare sociologia del lavoro tra questione empirica e questione metodologica.

Coordinatori: Gianluca De Angelis (Ires Emilia-Romagna), Daniele Di Nunzio (Fondazione Di Vittorio), Alessandro Gentile (Universidad de Zaragoza) e Fabrizio Pirro (Università di Roma «La Sapienza»)

Ai diversi processi di cambiamento che già da tempo interessavano il mondo del lavoro si sono sommati quelli legati alla pandemia di COVID-19, evento imprevisto e imprevedibile. Il lavoro da casa, la diffusione capillare delle tecnologie informatiche, non sono nati con la pandemia, ma con la pandemia hanno assunto una rilevanza inedita. Parallelamente, le diseguaglianze sul mercato del lavoro si sono rafforzate, ad esempio, rendendo “indispensabili” lavori che venivano svolti ai limiti dell’invisibilità o prendendo la forma dell’aumento dell’inattività femminile, per lo più dovuta alla cura o alla sua forte concentrazione in determinati segmenti, come i servizi di ristorazione e commerciali. La situazione attuale è notevolmente più complessa di tre anni fa, quando ancora il virus non si era manifestato. Ciononostante, consideriamo opportuno superare la facile retorica della “nuova normalità”, per cui «tutto è cambiato» e «niente sarà più come prima», e quindi riteniamo indispensabile ricostruire empiricamente quanto è accaduto e sta accadendo sul lavoro. Pensiamo sia fondamentale ad esempio capire come si è distribuita tra i settori e tra le posizioni professionali la nuova geografia dei tempi e dei luoghi di svolgimento delle attività lavorative, dal momento che non tutti i lavori possono essere stati ridisegnati sulla base delle restrizioni poste dalla pandemia; riteniamo altrettanto importante conoscere le forme e i contenuti dei processi di regolazione che ne sono conseguiti a livello di singole imprese o di interi settori, cogliendo il ruolo e le strategie dei singoli e delle loro organizzazioni di rappresentanza; consideriamo indispensabile capire anche quanto il cambiamento che osserviamo sia caratterizzato da elementi di novità sostanziale e quanto invece si configuri più semplicemente come un’intensificazione di processi già in atto. Lo studio del cambiamento sul campo si lega strettamente anche ai modi con i quali studiarlo. I nuovi campi di indagine sono caratterizzati da un’estrema frammentazione, dinamicità, diversificazione, dalla scala globale dei fenomeni, che rende i processi di lavoro altamente complessi, così come quelli di dominazione e soggettivazione. Le forme contemporanee di impiego riducono la portata descrittiva degli indicatori del mercato del lavoro, così come delle grandi indagini campionarie, che pure ci hanno permesso di conoscere il lavoro industriale. Al tempo stesso, l’articolazione complessa delle catene del valore e dei percorsi di vita e lavoro ostacola le indagini qualitative. Alcuni temi sempre più rilevanti, come la questione ambientale, la digitalizzazione, la pandemia di COVID-19, comportano il bisogno per le scienze sociali di connettersi ad altre discipline. Le modalità di indagine cercano di adeguarsi al cambiamento con l’obiettivo si spiegarlo nelle sue varie forme. Negli ultimi anni sono state condotte indagini con tecniche innovative, sia adattando quelle già consolidate sia avventurandosi in ambiti meno esplorati, ibridi e interdisciplinari. In questo modo fare sociologia del lavoro non può che caratterizzarsi nella costante duplice attenzione da un lato alla rilevazione sul campo dei fenomeni e dall’altro al modo con il quale ciò avviene. Si tratta di due questioni fondamentali, epistemologicamente alla base della disciplina. La prima, la questione empirica, afferma l’indispensabilità, una volta definito l’oggetto di indagine, di acquisire sul campo di indagine la conoscenza dei fenomeni prima di ogni considerazione su di essi; la seconda, la questione metodologica, pone costantemente l’attenzione sul modo con il quale ci avviciniamo e analizziamo il campo di indagine per acquisire le conoscenze attese. L’obiettivo della call è duplice. Da un lato mettere a confronto i risultati di indagini, anche internazionali, sul cambiamento, supposto o reale, in corso. Ad esempio, indagini svolte durante la fase del confinamento o durante quelle successive e più recenti, presentando contributi che ricostruiscono, da un lato, le modalità organizzative e lavorative adottate in risposta alla pandemia in diversi settori produttivi e di impiego o che danno conto di quanto è avvenuto e sta avvenendo sul piano della loro regolazione. Allo stesso modo indagini che danno conto degli assetti conseguenti alla lunga transizione avviata alla fine del Novecento, in termini per esempio di digitalizzazione produttiva ma anche di maggiore flessibilità contrattuale, alla quale la pandemia si è aggiunta in maniera repentina, favorendo novità che, per quanto innovative, restano in linea con gli sviluppi che stavamo osservando negli ultimi decenni. Dall’altro lato riteniamo indispensabile porre l’attenzione oltre che sui risultati anche sulle strade intraprese, rendendo il farsi della ricerca un campo di indagine in sé, stimolando cioè la proposta di contributi, anch’essi internazionali, che possano favorire la discussione sulle questioni metodologiche, sui problemi incontrati per le analisi quantitative e qualitative, sulle soluzioni individuate, sul rinnovamento delle pratiche di indagine, sui loro limiti e opportunità, sul senso stesso dell’azione scientifica per il ricercatore, soprattutto nel solco dell’interdisciplinarità, dell’ibridazione dei metodi, della sperimentazione delle tecniche, del suo rapporto con l’oggetto d’indagine.

Contatti dei coordinatori: Alessandro Gentile (agentile@unizar.es); Fabrizio Pirro (fabrizio.pirro@uniroma1.it); Gianluca De Angelis (gianluca.deangelis@er.cgil.it); Daniele Di Nunzio (d.dinunzio@fdv.cgil.it)

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