Quote di iscrizione al Convegno SISEC 2023

E’ possibile iscriversi al convegno tramite all’area utenti (http://www.sisec.it/app/account/). Dopo il login al vostro account personale (o crearne uno nuovo per coloro i quali non lo possiedono) verrà richiesto di inserire nel carrello la quota di iscrizione all’associazione (“membership”) e la quota di iscrizione al convegno.

A quel punto sarà possibile procedere con il pagamento della quota unica (utilizzando carta di credito, conto PayPal o bonifico bancario).

Hotel convezionati per Convegno 2023

Per il convegno di Brescia è stata attivata una convezione con i seguenti alberghi.

Hotel Vittoria *****

Via X Giornate, 20, 25121 Brescia BS- Tel: 030 7687200

Hotel Master ****

Via Luigi Apollonio, 72, 25124 Brescia BS – Tel: 030 399037

Hotel Igea ****

Viale della Stazione, 15, 25128, Brescia BS – Tel: 030 444221

Hotel Regal ***

Viale Europa, 2B – 25124 Brescia – Tel: 030 2008506

Il codice per attivare la promozione è il seguente: SISEC23

Al link le istruzioni in ITALIANO e INGLESE per attivare la promozione

Sessione 27 – Critical Environmental Politics

Viviana Asara (University of Ferrara), Emanuele Leonardi (University of Bologna) e Luigi Pellizzoni (University of Pisa)

Contact email: emanuele.leonardi3@unibo.it

Recent developments in economic sociology have shown an interdisciplinary interest in dealing with society-nature-economy relationships. As such, its community includes predominantly sociologists, but it also encompasses other social scientists with a background in political science, economic geography, anthropology, etc. What is shared within such a diverse community is a critical approach to orthodox socio-economic theories and mainstream thinking about society-nature-economy relationships. Against this background, we propose further discussion on what does ‘critical’ means nowadays, in a situation whereby fundamental political dimensions seem to have been side-lined. In this session we aim to remedy this oversight by establishing a dialogue between economic sociology and environmental politics.

Environmental politics can be approached from several perspectives. However, ‘critical’ ones depart from a problem-solving outlook, which takes for granted the state of affairs concerning social, cultural, economic and political relations, questioning the very framework whereby problems are identified and solutions devised. Critical perspectives are especially attentive to the genealogy and contestation of institutional arrangements, power differentials, agency distribution, knowledge and authority claims, reality definitions, interest and identity (self-)attributions. They are inclined to reflexively, apply critique to themselves, interrogate the grounds of their own claims. They are committed to exploring the transformative potential of alternative approaches and ongoing conflicts.

The session’s goal is twofold. Firstly, it aims to briefly present the Handbook of Critical Environmental Politics (Edward Elgar) edited by L. Pellizzoni, E. Leonardi and V. Asara, released in October 2022. Secondly, it aims to establish an interdisciplinary conversation with economic sociologists, focusing on how they approach such issues in their own specific fields.

Sessione 26 – Studiare la condizione lavorativa: il caso del “lavoro povero”

Davide Bubbico, Università di Salerno – dbubbico@unisa.it

Fabrizio Pirro, Università di Roma «La Sapienza» – fabrizio.pirro@uniroma1.it

La recente crisi pandemica ha cronicizzato alcune caratteristiche del mercato del lavoro italiano, in particolare sotto l’aspetto contrattuale e retributivo. È infatti la crescita del lavoro a termine e del part-time involontario, spesso combinati insieme, che caratterizza la recente ripresa del mercato del lavoro italiano. Quella della diffusione delle forme di lavoro definibili come non standard, vale a dire in primo luogo non a tempo pieno e con contratto di lavoro a tempo indeterminato, è però una tendenza diffusa, presente anche oltre i nostri confini e che con modi e intensità diverse pervade il modo di produzione e consumo capitalistico nel suo complesso. Il riferimento a una nuova classe di lavoratori poveri (Alain Touraine) o ad unadi “classe esplosiva” (Guy Standing) riflettono la diffusione e la crescita di una componente dell’occupazione sempre più sottoposta nelle economie capitalistiche dell’Occidente (considerato che altrove tale carattere è predominante) a condizioni contrattuali e retributive sensibilmente “precarie”, con la crescita di quello che viene definito “lavoro povero”.

Ma la questione non è limitata alla durata contrattuale e/o alla scarsa retribuzione. La povertà dei lavori offerti è anche nel loro contenuto. Come è noto, il processo di deregolamentazione del mercato del lavoro italiano e di diffusione delle forme di lavoro non standard risale alla metà degli anni Ottanta del secolo scorso. Di pari passo alle innovazioni di carattere legislativo e delle forme di lavoro, le stesse attività di lavoro (nell’industria come nei servizi) sono andate incontro ad un processo in molti casi di impoverimento dal punto di vista del contenuto professionale delle mansioni e in altri, più circoscritti, ad un processo di crescente qualificazione. In altri termini l’aumento della polarizzazione tra occupazioni considerate “qualificate” e “non qualificate”, a minore e a più alta retribuzione, ha finito per accentuarsi ulteriormente.

Il “lavoro povero”, inteso non solo con riferimento al lavoro a bassa retribuzione, ma spesso anche come lavoro a termine, a basso contenuto, contrattualmente sotto-inquadrato, generalmente meno tutelato dal punto di vista degli schemi di protezione sociale (ammortizzatori sociali), a più basso valore aggiunto, in realtà in molti contesti risulta essere fondamentale dal punto di vista della prestazione (pensiamo ai lavoratori del commercio durante il periodo pandemico o ai lavoratori delle pulizie, così come agli operatori sociosanitari di supporto alle attività infermieristiche o alle attività di cura). Per certi versi la degradazione delle forme contrattuali ha accompagnato una degradazione delle forme di retribuzione e non ultimo le stesse condizioni materiali della prestazione lavorativa dal punto di vista degli orari, dell’assenza di formazione, della minore tutela infortunistica e previdenziale. In questa chiave, ad esempio, un volume significativo di lavoro povero è appannaggio del lavoro migrante, spesso irregolare e per questa ragione ancor meno tutelato, o diversamente normato sul piano del contratto individuale e della contrattazione collettiva, come nel caso del lavoro migrante prevalente nei comparti della logistica e distribuzione, dove spesso sono cooperative fittizie a svolgere il ruolo di datore di lavoro.

Cosa determina il ricorso massiccio alle assunzioni a termine (così l’85% delle assunzioni che avvengono annualmente in Italia, vedi i Rapporti sulle Comunicazioni Obbligatorie del Ministero del Lavoro), tanto nel settore dei servizi, come nel settore dell’industria? Perché le dinamiche retributive sono così basse? Se queste sono alcune possibili domande che possono trovare una risposta nella dinamica della contrattazione collettiva, nell’evoluzione della composizione settoriale dell’economia italiana verso un terziario a più basso valore aggiunto, piuttosto che nelle dinamiche di esternalizzazione della PA in comparti chiave come quello sanitario e socioassistenziale, gli attori responsabili di un processo di consolidamento del lavoro povero in Italia possono essere ricercati a più livelli: tra gli attori della rappresentanza datoriale, nello stesso apparato statale così come nelle condizioni di estrema competitività di alcuni settori dell’industria tradizionale piuttosto che del terziario di consumo o dei servizi alla persona o causa della crescita della c.d. contrattazione pirata ad opera di organizzazioni sindacali poco o per nulla rappresentative.

Lo studio della condizione lavorativa ha caratterizzato la sociologia del lavoro dalle sue origini e ha visto questa disciplina da subito dialogare con quante potevano contribuire a fare luce sulla complessità del fenomeno, dall’economia al diritto, dalla psicologia alla storia, alla medicina. Obiettivo della call è quello di richiamare l’attenzione di ricercatori di diversa formazione che operano in campo accademico, sindacale e nell’ambito dei centri di ricerca sul tema del lavoro e delle sue condizioni, con riferimento particolare alla categoria del cosiddetto “lavoro povero”.

I contributi attesi dovrebbero contribuire a ricostruire un quadro più approfondito sulle origini istitutive di tale condizione lavorativa e sulle sue ripercussioni concrete, sia dal punto di vista del contenuto delle mansioni, sia dal punto di vista dell’organizzazione della prestazione lavorativa, ad esempio, guardando ai regimi orari e di turnazione. Sarebbero pertanto auspicabili sia contributi in forma di risultati di ricerca, sia contributi che sul piano metodologico si sono confrontati con la ricerca di nuovi indicatori, sia con altri di carattere più teorico e comparativo tra casi nazionali. A tal fine sarebbero particolarmente auspicabili contributi sull’evoluzione delle forme di occupazione nei comparti socioassistenziale e sociosanitario, commercio e grande distribuzione, logistica e trasporti, turismo, e, più in generale, quelli in cui sono evidenti per effetto dei processi di esternalizzazione, i rapporti di lavoro discontinui (pensiamo al lavoro in somministrazione) piuttosto che meno tutelati sul piano retributivo e della contrattazione collettiva, come nel caso dell’outsourcing delle grandi e medie imprese del settore industriale (servizi mensa, pulizia, logistica, ecc.).

Sessione 25 – Saperi e pratiche del lavoro di cura: le trasformazioni in atto

Barbara Giullari (Università di Bologna), Carlotta Mozzana (Università di Milano Bicocca) Francesca A. Vianello (Università di Padova), Davide Caselli (Università di Bergamo)

Gli eventi drammatici che caratterizzano l’attualità (pandemia, guerra, crisi climatica, crisi socioeconomica, etc.) hanno fatto ‘riscoprire’ la funzione essenziale del care work [ILO, 2018] nelle sue diverse configurazioni (spaziando dall’ambito sanitario, educativo a quello sociale e socioassistenziale), ma in un quadro caratterizzato da una sempre più massiccia accelerazione delle tendenze di mercatizzazione, precarizzazione, processi di esternalizzazione che esacerbano una vera e propria crisi della cura, quale tratto caratteristico dell’attuale fase del capitalismo [Dowling, 2020]. Il terreno della cura è peraltro storicamente denso di conflitti e contraddizioni e caratterizzato dalla tensione tra assunzione di responsabilità pubblica e privata, al confine tra produzione e riproduzione sociale [Fraser, 2026].
In questo quadro la sessione si propone l’obiettivo di declinare la più ampia proposta tematica del convegno affrontando le principali riconfigurazioni che riguardano l’eterogeneo mondo del lavoro di cura con specifica attenzione alle diverse forme di conoscenza (scientifica, tecnica, basata sull’esperienza) su cui si basano le pratiche degli attori sociali e l’azione istituzionale [Borghi, Giullari, 2015; Giullari e De Angelis 2019, Mozzana, 2019]. Le forme della conoscenza implicate nei processi di definizione e pratiche della cura rappresentano infatti un aspetto centrale per la ridefinizione del rapporto tra trasformazioni della società e trasformazioni dei processi di conoscenza nelle scienze sociali.
Inoltre, il lavoro di cura, nelle sue diverse forme, costituisce un terreno di analisi particolarmente fertile non solo per cogliere le trasformazioni in corso del lavoro e dei suoi confini, ma anche per identificare cambiamenti sociali ed economici di più ampia portata, poiché è strettamente legato ai mutamenti dei regimi di welfare e di cura, ai processi di invecchiamento della popolazione e al boom della silver economy, alle trasformazioni della famiglia e delle relazioni di genere, ai fenomeni migratori.
A partire dalla cornice delineata, la sessione intende raccogliere contributi che affrontino i processi di trasformazione dell’ampio campo della produzione di cura a livello nazionale, ma soprattutto locale, rispetto alle riconfigurazioni organizzative, agli attori e alle dinamiche di potere che in questo ambito stanno prendendo forma. Ci interessa in particolare riflettere sulla possibilità di sviluppare saperi condivisi con gli attori che vivono e praticano quotidianamente la cura (operatrici e operatori, fruitori dei servizi, caregiver, ecc.) per cogliere il potenziale trasformativo di queste forme di produzione di sapere sulle dinamiche di mutamento in atto.
Sono quindi invitati contributi teorici e/o empirici orientati a esplorare, tra gli altri, i seguenti temi:
– la possibilità/lo sviluppo di forme nuove di ricerca condivisa (ricerca azione, conricerca, ricerca partecipata, etc.), per dare voce ai lavoratori e alle lavoratrici della cura, così come alle persone che fruiscono dei servizi (sia in forma di esperienze empiriche, sia di riflessioni metodologiche).
– le condizioni di lavoro (inquadramento contrattuale, retribuzioni, stabilità, effetti sulla salute, etc.), l’organizzazione del lavoro e i processi lavorativi di chi opera in organizzazioni pubbliche e private di servizi di care e nel mercato informale della cura;
– esperienze inedite di forme di redistribuzione e co-produzione di cura tra attori di differente natura, tra cui le esperienze di mutualismo e mutuo aiuto che rivendicano un modo di produrre relazioni e istituzioni di cura alternative sia al mercato che al servizio pubblico;
– le ricadute dei processi di mercatizzazione e di privatizzazione sulle condizioni di lavoro e sull’accesso alla cura;
– esperienze di mobilitazione dei lavoratori della cura (attori, logiche, etc.) e le ricadute sui processi di visibilizzazione/invisibilizzazione del lavoro e delle lavoratrici e dei lavoratori della cura nel discorso pubblico e nei documenti di policy elaborati nel contesto della pandemia.

Contatti: Barbara Giullari (barbara.giullari@unibo.it); Carlotta Mozzana (carlotta.mozzana@unimib.it); Francesca A. Vianello (francescaalice.vianello@unipd.it); Davide Caselli (davide.caselli@unibg.it).

Sessione 24 – Nuove direzioni della formazione permanente fra rivoluzione industriale, digitalizzazione e disuguaglianze

Sonia Bertolini, Università di Torino

Valentina Goglio, Università di Torino

 

Il ritmo e l’intensità del cambiamento del contesto socio-economico globale pone una sfida cruciale alla formazione: identificare le competenze per il lavoro del futuro.

Una argomentazione quasi incontrastata sulla 4° rivoluzione industriale riguarda la necessità di maggiori e migliori competenze a tutti i livelli della forza lavoro (OCSE, 2019a, 2019b, Neufeind, O’Reilly e Ranft, 2018).

Ma come i lavoratori acquisiscono formazione e competenze? E poi, quali competenze per quali lavoratori?

Le conseguenze della trasformazione digitale sull’occupazione e sulla qualità dei posti di lavoro sono ampiamente studiate (Autor, Levy, & Murnane, 2000; Goldin & Katz, 2009; Murphy & Oesch, 2018). Tuttavia, molta meno attenzione viene rivolta ai bisogni e alle strategie che questi lavoratori adottano per far fronte alla domanda di competenze associata a tale trasformazione del lavoro.

Gli studi dell’OECD evidenziano che sistemi efficaci di Lifelong Learning rivestono un ruolo fondamentale per il reskilling e upskilling della forza lavoro nei prossimi anni. Tuttavia, i sistemi di apprendimento degli adulti nei paesi dell’OECD presentano un’elevata eterogeneità tra paesi e diverse criticità (Durazzi & Geyer, 2019; OCSE, 2019a). Permangono questioni aperte che ostacolano la riqualificazione e il miglioramento delle competenze dei lavoratori

Il periodo pandemico inoltre, ha favorito la diffusione (e la legittimazione) di strumenti online di lifelong learning (es. corsi online, MOOCs) potenzialmente in grado di raggiungere un numero maggiore di potenziali utenti e ridurre le barriere fisiche alla partecipazione a attività formative. Tuttavia, non è ancora chiaro se e in che modo queste nuove opportunità possano intercettare nuovi segmenti di lavoratori e accrescere la partecipazione o se invece tendano a replicare i tradizionali assi di svantaggio.

Infine, il moltiplicarsi di strumenti di formazione online contribuisce ad estendere ulteriormente il cambiamento di prospettiva -sancito anche dal cambio terminologico fra ‘education’ e ‘learning’- che porta a far ricadere sui soli lavoratori la responsabilità e i possibili rischi della formazione continua.

A fronte di questo quadro la sessione invita studiose e studiosi a proporre contributi teorici ed empirici, sia qualitativi che quantitativi che affrontino i temi sopra citati e ruotino intorno alle seguenti domande:

  • Come variano i processi di formazione permanente (lifelong learning) in risposta alle trasformazioni del mondo produttivo?
  • Gli effetti della transizione al digitale nel campo della formazione, prima e dopo la pandemia?
  • Formazione ed inclusione: a che punto siamo?
  • Come variano le politiche per la formazione continua e quali sono i rischi emergenti di esclusione sociale?
  • Come formare le competenze dei giovani in ingresso nel mercato del lavoro?

Sessione 23 – Migrazioni, disuguaglianze geografiche e stratificazione sociale

Coordinatori:
Maurizio Avola (maurizio.avola@unict.it), Università degli Studi di Catania.
Roberto Impicciatore (roberto.impicciatore@unibo.it), Alma Mater Studiorum – Università di Bologna.
Nazareno Panichella (nazareno.panichella@unimi.it), Università degli Studi di Milano.

Le ricerche di stratificazione hanno spesso considerato la società come una scala, sui
gradini della quale si muovono gli individui che ne fanno parte. Spesso, però, si dimentica
che in paesi diversi o in aree diverse di uno stesso paese, possono coesistere differenti
scale sociali, e che gli individui non sono “intrappolati” all’interno di una scala, ma
possono muoversi geograficamente per migliorare le proprie opportunità di vita. La
ricerca empirica ha dunque mostrato come la migrazione, sia interna che internazionale,
sia una variabile individuale – come il genere, l’età, la coorte di nascita o il titolo di studio
– che influenza in maniera decisiva le opportunità di movimento nella struttura sociale.
Da questo punto di vista, l’Italia è un caso di studio particolarmente interessante. Da un
lato, è diventata negli ultimi decenni uno dei principali paesi di immigrazione al mondo.
Dall’altro, si caratterizza per una lunga e complessa storia migratoria interna e per
un’elevata eterogeneità geografica che non si esaurisce lungo il dualismo Nord-Sud e che
ha la sua origine naturale nella straordinaria differenziazione del territorio, anche tra aree
molto vicine tra loro.

La sessione si focalizza sulle relazioni tra migrazioni, sia interne che internazionali, e
diseguaglianze sociali non tralasciando il ruolo dei contesti di partenza e di arrivo tali da
identificare un fattore ulteriore di diseguaglianza di tipo geografico. Si privilegeranno le
seguenti tematiche: studio della mobilità geografica, della stratificazione sociale e della
mobilità sociale tra territori; differenziazioni regionali delle disuguaglianze educative;
fattori che influenzano la mobilità geografica; analisi delle conseguenze della mobilità
geografica sia interna che internazionale sui percorsi educativi, occupazionali e di
mobilità sociale; rapporto tra migrazioni, dinamiche familiari e corsi di vita. Sarà inoltre
data particolare enfasi ai contribuiti che applicano una metodologia solida e robusta, sia
quantitativa che qualitativa. In particolare, saranno apprezzati contributi che adottano un
approccio longitudinale, per esempio nell’ottica del life-course¸ o che propongono
un’analisi statistica causale. Inoltre, saranno apprezzati i contributi che studiano il ruolo
dei legami sociali, sia locali che trans-locali, sui percorsi migratori, analizzandone le
cause e le conseguenze all’interno di un sistema di legami familiari, affettivi e amicali.

Sessione 6 – Social Experiments for Social Sciences 

Davide Barrera (davide.barrera@unito.it), University of Turin; Giulia Bocca (giulia.bocca@eui.eu) European University Institute; Sara Romanò (sara.romano@unito.it), University of Turin 

Laboratory experiments have a long tradition in social psychology, whereas relatively recently their diffusion underwent a very fast growth in social sciences. The main reason of their success is that social experiments are particularly suitable for the analysis of causal relations and the study of micro mechanisms. The experimental methodology toolkit has become increasingly richer. Next to the more traditional lab- and field experiments, the toolkit now includes online experiments, often conducted on random samples of the general population, as well as the so-called lab-in-the-field experiments. These recent developments greatly improved the external validity of experimental findings, thereby enlarging the scientific scope of experimental research. 

Moreover, by virtue of the integration between experimental and computational research it becomes possible to investigate the emergence of large-scale social phenomena and test non-linear generative mechanisms.   

 

The session aims at collecting studies applying experimental methods – lab, field, online, and lab-in-the-field – that focus on the micro-mechanisms underlying the emergence of social and economic phenomena. Studies integrating experimental and computational research are also welcomed. We will appreciate empirical contributions from different disciplines. Below, we provide a non-exhaustive list of examples of possible topics: 

  • Conflict and cooperation 
  • Social norms and institutions
  • Personal, relational, or generalized trust (genesis, evolution, and consequences) 
  • Reciprocity, shadow of the past 
  • Reputation, shadow of the future 
  • Diffusion

 

Proposals can be in Italian or English or Spanish. 

Sessione 11 – Aprire la scatola della finanziarizzazione

Niccolò Casnici (Università di Brescia)

Joselle Dagnes (Università di Torino)

Valentina Moiso (Università di Torino)

 

Negli ultimi tre decenni i processi di finanziarizzazione dell’economia e della società – i.e. la penetrazione di dispositivi e logiche di tipo finanziario tanto nei meccanismi di regolazione dell’economia, quanto negli schemi di gestione aziendale, nell’amministrazione delle risorse pubbliche, nella vita quotidiana – si sono diffusi in tutto il mondo occidentale, Italia compresa.
Per comprendere questi cambiamenti sono necessari schemi interpretativi multilivello, che tengano insieme fattori macro-strutturali, meso e micro-sociali, osservando da più angolazioni le percezioni degli attori sociali e le loro rappresentazioni di un mondo – quello della finanza – radicato all’interno di architetture regolative, impalcature istituzionali, schemi culturali e routine quotidiane.

Anche l’infrastruttura tecnologica gioca un ruolo chiave. I dispositivi socio-tecnici che connettono individui e mercati sono spesso intrinsecamente performativi: plasmano nuove pratiche sociali ed economiche, sia in ambito organizzativo sia nella vita di tutti i giorni.

Oltre a indagare i fattori che alimentano i processi di finanziarizzazione, è dunque opportuno studiarne le implicazioni sociali, con particolare attenzione (i) al mutamento delle logiche di redistribuzione della ricchezza e all’aumento delle disuguaglianze sociali, (ii) ai cambiamenti degli assetti di governance delle imprese (iii) alle mutazioni dei comportamenti di risparmio e investimento individuali e (iv) alle trasformazioni del rapporto tra denaro, percezione del sé e intimità.

Con queste premesse, la sessione è aperta a contributi teorici ed empirici, anche di taglio interdisciplinare, su temi quali:

  • Mercati finanziari, strumenti di regolazione e assetti regolativi
  • Finanza e disuguaglianze sociali
  • Studi sociologici sul denaro
  • Finanza, assetti proprietari, governance d’impresa, lavoro
  • Trasformazioni del sistema bancario
  • Finanza, welfare, politiche pubbliche, finanziamento alle imprese o allo sviluppo locale
  • Ruolo e trasformazione delle élite economico-finanziarie
  • Finanza, tecnologia e modelli economici
  • Finanza e social media
  • Rapporto tra finanza, culture e religioni
  • Finanza e mercati illegali
  • Modelli alternativi di finanza
  • Educazione finanziaria
  • Strategie di risparmio e investimento delle famiglie
  • Nuove pratiche di consumo e di indebitamento
  • Riflessioni sui metodi e gli strumenti di analisi dei mercati finanziari.

Sessione 10 – Digitalizzazione nel/del welfare: le sfide interpretative della transizione in atto

Eduardo Barberis (Università di Urbino Carlo Bo)
Domenico Carbone (Università del Piemonte Orientale)
Eleonora Costantini (Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia)

Discussant: Massimo Campedelli (Scuola Sant’Anna di Pisa)

Nel corso degli ultimi anni, non ultimo a seguito dell’accelerazione conseguente la crisi pandemica, il tema della digitalizzazione nel/del welfare ha trovato un proprio spazio anche nel dibattito
accademico e di policy. Analogamente a quanto accaduto per i settori produttivi, l’innovazione digitale porta con sé una retorica imperniata sull’efficienza e sulla riduzione dei costi – che chiama
in causa, più in generale, le priorità di spesa in settori che non raramente lamentano inadeguate coperture dei bisogni. Gli studi empirici prodotti mirano tuttavia a decostruire tale retorica, rendendo giustizia alla complessità che l’introduzione di tecnologie digitali porta con sé almeno su quattro livelli, tra loro interconnessi: quello della governance; quello delle organizzazioni coinvolte; quello di mercato e quello della relazione tra professionista e persona beneficiaria della prestazione di welfare, a valle dell’intero processo, con innegabili ricadute anche sull’organizzazione del lavoro e sulla trasformazione delle professioni.

Se è chiaro che la transizione digitale del/nel welfare è un processo che caratterizza il presente e che si pone come driver di cambiamento, è altrettanto evidente come siano necessari sforzi conoscitivi, da parte di più discipline, in grado di cogliere la natura più profonda dei possibili cambiamenti conseguenti alla transizione in atto, dotandosi di categorie interpretative che si discostino, almeno parzialmente, da quelle utilizzate per la più ampia “quarta rivoluzione industriale”.

La call si propone di attraversare la digitalizzazione del/nel welfare secondo le quattro dimensioni sopra elencate, eventualmente anche accorpando i contributi che perverranno in sotto-sessioni tematicamente omogenee.

• Livello della governance: supporto che le nuove tecnologie possono fornire ai processi decisionali, promuovendo un coordinamento reticolare e conseguenti flussi informativi; natura e formato della conoscenza, pratiche di data mining nella definizione e implementazione delle politiche sociali e modelli algoritmici come strumenti di misurazione dei bisogni e dei rischi sociali; ingresso nel campo delle politiche di welfare di attori provenienti dai campi dell’innovazione tecnologica.

• Livello organizzativo: trasformazioni intra e inter-organizzative; impatto sulle competenze dei lavoratori e delle lavoratrici; impatto sull’efficacia dei servizi erogati e sulla copertura dei
bisogni; retoriche del cambiamento.

• Livello del mercato: rapporto fra fornitori e committenza pubblica dei servizi/prodotti digitali; posizionamento di mercato dei fornitori; caratteristiche sociotecniche dei prodotti/servizi.

• Livello della relazione: impatto della tecnologia digitale nei rapporti tra personale operativo e utenza delle politiche; opportunità e minacce nella riconfigurazione della relazione tra
professionista e utente; nuovi profili giuridici e regolazione delle professioni.

Sono benvenuti contributi sia teorici che empirici, che prendano in considerazione i processi di digitalizzazione in Italia, in altri Paesi del Nord Globale, così come contributi comparativi.