Sessione 27: Precarity and the Platform Labour Regime: An International Analysis

Coordinamento:

Massimo De Minicis
INAPP

Francesca Della Ratta
INAPP
f.dellaratta@inapp.org

Marco Marucci
INAPP
marco.marucci@uniroma1.it


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A recent focus in the sociology of work has been on the association between platform mediated employment, precarious labour conditions, and especially the digital repackaging of low-skilled “gig” work (Kahancova, Meszmann, and Sedlakova 2020; Schor et al. 2020). Extant scholarship indicates that platform-based gig work is one of the “accelerants of precarity” (Vallas and Schor 2020, 279), which results in further labour destandardisation, commodification and casualisation (Standing 2016; Kalleberg and Vallas 2017; Zwick 2018). Platform-based food-delivery work, which is an important sector of the platform economy, has produced what may be considered ultra-precarious labour conditions for workers (Cant 2019; Goods, Veen, and Barratt 2019; Tassinari and Maccarrone 2020; Huang 2021, Launde and De Minicis 2021). This dynamic produce in the international contest million of migrant workers making a living and crafting their lives in the boing online food-delivery industry (Lei 2021; Huang 2022). The aim of this session is to investigate the precarious lives of food-delivery rider in the international contest. How their precariousness is produced and reproduced requires an understanding of the role of the state, especially with respect to how the state denies to migrant workers citizenships rights, as well as the role of management using subcontracting and algorithmic technology that shapes the labour process. These determinants combine to produce low-paid, insecure, uncertain, and dangerous working conditions which food-delivery rider have limited individual and collective power to resist. The session proposal is aimed at collecting and discussing qualitative and quantitative international theoretical contributions on different dimensions of analysis on the relationship between Precarity and the Platform Labour Regime focused on studies concerning:

  • How a majority of platform workers are drawn from marginalised social groups such as ethnic minorities, females, students or migrants;

  • On the ways in which precarity is produced and reproduced within platform labour regimes:

  • How the management’s use of algorithmic technologies enables a high degree of work automation and atomization which accelerates the deskilling and degradation of work;

  • How data-driven game-based tactics (such as rankings, ratings and badges) are used to evaluate workers’ productivity and encourage workers to willingly engage in their own exploitation;

  • If the lack of willingness on the part of states to regulate and limit the use of platform work as well as legislate to protect platform workers is  symptomatic of the adoption of neo-liberal policies that fundamentally aim to enhance the power of capital at the expense of labour;

  • If the use of workers from subordinate social groups, especially migrants who do not enjoy full citizenship and associated social protections are conditions to intensify labour exploitation and to constrain potential organized labor resistance.

Sessione 26: Le geografie della disuguaglianza urbana in Italia

Coordinamento:

Alessandro Coppola
Politecnico di Milano
alessandro.coppola@polimi.it

Silvia Lucciarini
Sapienza Università di Roma
silvia.lucciarini@uniroma1.it


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Per la prima volta nella storia, quasi il 60% della popolazione mondiale vive nelle aree urbane, dove si produce circa l’80% della ricchezza totale (Storper et al. 2015). La supremazia economica delle città si accompagna a elevati livelli di disuguaglianza al loro interno. Nel dibattito internazionale, lo studio della mobilità residenziale urbana rappresenta uno dei contributi più originali alla lettura delle disuguaglianze urbane, capace di coniugare letture macro, meso e micro come anche intrecciare le policy (o la loro assenza) alle pratiche (Lucciarini,2011).

La mobilità residenziale può modificare bruscamente la dimensione e la struttura socio-demografica di una popolazione, specialmente a livello di quartiere o piccolo comune (Crisci 2021). Popolazione che negli ultimi anni ha visto aumentare la sua complessità: la cosiddetta “seconda transizione demografica” ha svolto un ruolo cruciale in tali processi, portando a un “aumento della diversità nei tipi di famiglie e all’evoluzione dei ruoli di genere”, che ha modificato la composizione sociale di molti quartieri urbani (Buzar, Haas et al., 2007).

Elementi che si sommano agli aspetti strutturali peculiari della struttura demografica italiana
(Billari, Tommasini, 2021): una speranza di vita alla nascita molto elevata e un livello di fertilità estremamente basso, che ha rafforzato il processo di invecchiamento della popolazione (Billari e Kohler, 2004); un’importante crescita delle migrazioni internazionali che hanno interessato le grandi aree metropolitane del Centro-Nord, attrattive anche per i migranti interni (Strozza, Benassi, Ferrara, Gallo, 2015; Bonifazi, Heins, Licari, Tucci, 2020); una territorializzazione disuguale dei processi che rende l’Italia un “puzzle demografico”, con una profonda eterogeneità tra Sud e Nord, zone interne e contesti metropolitani, centri urbani e periferie (Benassi, Busetta, Gallo, Stranges, 2021; Coppola, Lanzani e Zanfi, 2021).

In questo contesto, la questione della mobilità residenziale è diventata di primaria importanza. In proposito, possono essere distinti due approcci principali: (a) la teorizzazione dei fattori che condizionano le “scelte abitative” in una relazione complessa tra “struttura” – costituita da una varietà di determinanti demografiche, sociali, di classe (Coppola e Lucciarini 2022) ma anche relative ai mercati immobiliari – e l'”agency” delle famiglie; (b) l’osservazione e la teorizzazione dei processi di differenziazione socio-spaziale – come la gentrificazione, filtering, shrinkage e così via – che possono essere sia causa che risultato delle scelte di mobilità residenziale.

In particolare, ma non esaustivamente, la sessione intende accogliere contributi su:

  • Politiche urbane (housing, social mix, megaprojects…) e mobilità;

  • Institutional discourses, mobilità e città (desiderabilità, gentrification, …);

  • Residential (im)mobility;

  • Insediamento autoctoni/immigrati nelle aree urbane;

  • Hybrid working policies e practices e mobilità urbana.

Sessione 25: Più vicini o più lontani? Remotizzazione del lavoro e trasformazioni territoriali

Coordinamento:

Veronica Conte
Research Foundation Flanders e Katholieke Universiteit Leuven
veronica.conte@kuleuven.be

Giovanna Fullin
Università di Milano-Bicocca
giovanna.fullin@unimib.it

Anne-Iris Romens
Università di Milano-Bicocca
anneiris.romens@unimib.it


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La remotizzazione del lavoro, che si è accelerata in seguito alla pandemia, ha ridefinito gli spazi di produzione e di riproduzione sociale, con esiti territoriali non scontati e ancora in evoluzione. Mentre alcuni territori si svuotano di funzioni produttive e abitanti, emerge una nuova geografia di territori attrattivi che include non solo le aree metropolitane più dinamiche
ma anche una serie di contesti meno centrali per i quali il lavoro da remoto rappresenta un’opportunità di sviluppo, popolamento o ri-popolamento e crescita economica. Inoltre, nei territori attrattivi, l’aumento dell’offerta di coworking e coliving e di locazioni turistiche – flessibili e attrezzate per il lavoro a distanza – sembra alimentare processi di gentrificazione. Sebbene gli studi sull’offerta di spazi di lavoro e soluzioni abitative pensate per favorire anche il lavoro a distanza stiano aumentando, le analisi delle trasformazioni del territorio e delle disuguaglianze socio-territoriali generate dalla remotizzazione sono ancora marginali. L’obiettivo della sessione è di colmare questo gap attraverso la raccolta di contributi su questi temi, tra cui:

  • Il lavoro da remoto tra opportunità di sviluppo locale, strategie di adattamento degli attori sociali e criticità;

  • Grandi aziende, territorio e politiche. Nuove strategie di gestione delle risorse umane, offerta e domanda di lavoro e il ruolo delle politiche locali;

  • Il lavoro da remoto e gli spazi di produzione e riproduzione, tra innovazione e mercificazione;

  • Il lavoro da remoto e i processi di neighbourhood change e/o di cambiamento del tessuto urbano/rurale dal punto di vista sociale ed economico;

  • Il lavoro da remoto e le disuguaglianze interne alle aree metropolitane e tra territori attrattivi e marginali;

  • Sviluppo economico, aree interne e de-spazializzazione dei processi lavorativi;

  • La remotizzazione e la rilocalizzazione del lavoro produttivo e riproduttivo, tra adattamento del welfare e dei servizi e rifamigliarizzazione della cura;

  • Il lavoro da remoto, le relazioni di genere, di classe e intergenerazionali;

  • Tecnologia, nuova geografia del lavoro, processi migratori (con particolare attenzione alla mobilità interna) e mercato immobiliare.

Sono benvenuti contributi sia in italiano che in inglese, basati su tecniche di analisi sia qualitative che quantitative e/o di taglio teorico. Per favorire la discussione si richiede di inviare una versione draft del paper e/o della presentazione entro l’8 gennaio 2024. Saranno particolarmente beneaccetti i contributi con taglio multidisciplinare.


Closer or further away? Remote wok and territorial transformations

Remote work, which has gained momentum in the wake of the pandemic, has redefined the spaces of production and social reproduction, with unforeseen territorial effects that are still unfolding. As some areas lose their productive functions and inhabitants, a new geography of attractive territories is emerging. This includes not only the most dynamic metropolitan areas but also several less central contexts for which remote work is an opportunity for development, population or repopulation and economic growth. The growth of coworking and coliving facilities as well as of tourist rentals equipped to work remotely seems to be fueling gentrification processes in attractive areas. Although there is a growing body of work on the supply of workspaces and housing solutions designed to facilitate remote work, there is still a paucity of analysis concerning the territorial transformations and socio-territorial inequalities generated by remote work. The session thus aims to fill this gap by collecting papers on the following topics:

  • Remote work between local development opportunities, social actors’ adaptation strategies and criticalities;

  • Large companies, territories and policies. New human resource management strategies, labour supply and demand, and the role of local policies;

  • Remote work and the spaces of production and reproduction, between innovation and commodification;

  • Remote work and urban/rural changes from a social and economic point of view;

  • Remote work and inequalities within metropolitan areas and between territories;

  • Economic development, inner areas and the de-spatialisation of work;

  • The remoteness and relocation of productive and reproductive work, between the adaptation of welfare and services and the re-familiarisation of care;

  • Remote work, gender, class and intergenerational relations;

  • Technology, the new geography of work, migration processes (with a focus on internal mobility) and property market.

Papers can be submitted both in Italian or English. They can be based on both qualitative and quantitative analytical techniques and/or have a theoretical focus. In order to facilitate discussion, please send a draft version of your paper and/or presentation by 8 January 2024. Papers with a multidisciplinary approach are particularly welcomed.

Sessione 24: Dirty jobs in transition? Symbolic and material aspects of dirty jobs in the modern economies

Coordinamento:

Diego Coletto
Università di Milano-Bicocca
diego.coletto@unimib.it

Davide Carbonai
Federal University of Rio Grande do Sul
davide.carbonai@ufrgs.br


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The expression “dirty work” was first used by Everett Hughes (1951) to refer to occupations that involve tasks generally considered to be unpleasant, disgusting or humiliating. Over the years, numerous studies have shown that workers tend to be associated with their so-called dirty jobs, thus becoming “dirty workers”. The literature highlighted three forms of stigma usually experienced by dirty workers: (1) physical/material, (2) social, and (3) moral (Ashforth and Kreiner 2014). These forms of stigma can affect the formation of professional identity, negatively influencing workers’ processes of constructing self-esteem. Furthermore, according to various authors, the analysis of the meanings attributed to dirty jobs and their stigma can allow to explore and better understand the dynamics of class and power that underly these types of occupations, as well as the relations among single individuals and the social structures in which they are embedded (Dick 2005; Slutskaya et al. 2016).

Within the literature on dirty jobs, the attention was often focused on the dirty workers’ actions to reduce or neutralise stigmatisation. These studies described dirty workers as active social actors, highlighting their perceptions of work, their prevailing patterns of actions and the ways they position themselves as subjects engaged in redefining a series of symbolic aspects related to their occupations. Other scholars, however, pointed out how readings of the dirty-jobs phenomenon strictly focusing on the production of meanings attributed to the jobs and the construction of workers’ sense of self increase the risk to overlook the physical and material aspects of the work itself (Hughes et al. 2017). It is therefore necessary to pay more attention to the material aspects of dirty jobs in order to fully understand how dirty workers seek to dignify their work, both from a discursive-symbolic and a practical-material points of view.

In general, the interpretive framework that tried to analyse how the material and the symbolic relate to each other was particularly useful to understand and analyse dirty workers’ actions and perceptions and their changes. Moreover, this approach seems even more promising when the focus of analysis is composed of material and symbolic aspects of dirty jobs that are part of a set of occupations involved in the most recent changes of economic sectors in terms of sustainable and green transitions.

This panel aims to invite and discuss papers that deal with dirty jobs, its material and symbolic aspects in economic sectors particularly affected by processes of sustainable and green transition (for instance, waste management, health, cleaning, security, commerce, services sectors). Comparative empirical studies will be highly appreciated, and the variety of methods is welcome.

Sessione 23: La dimensione territoriale delle transizioni scuola-lavoro: prospettive e metodi

Coordinamento:

Ruggero Cefalo
University of Vienna
ruggero.cefalo@univie.ac.at

Yuri Kazepov
University of Vienna
yuri.kazepov@univie.ac.at


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La transizione scuola-lavoro (TSL) rappresenta un periodo cruciale del ciclo di vita, che ha forte impatto su prospettive di carriera e traiettorie future. Di conseguenza, come la TSL pre-struttura l’integrazione dei giovani nel mercato del lavoro costituisce una sfida importante in Italia e in Europa, considerate le forti disparità non solo tra paesi, ma anche tra territori subnazionali.

Questa sessione vuole esplorare l’articolazione territoriale delle TSL e invita paper che analizzano le variazioni in condizioni, esiti e percorsi di transizione tra territori subnazionali, regioni, città. La dimensione territoriale delle transizioni scuola-lavoro rimanda a molteplici fattori individuali e di agency dei giovani, strutture di multilevel governance e erogazione locale di servizi e politiche, strutture contestuali di opportunità e sistemi di produzione locali. Prospettive di political economy, sociologia economica, stratificazione sociale, policy analysis e studi di welfare, corso di vita sono approcci differenti ma complementari nello studio di queste interazioni complesse.

Per questa sessione, incoraggiamo un ampio range di contributi e una varietà di disegni di ricerca, al fine di favorire un dialogo costruttivo tra prospettive analitiche e metodologiche e le evidenze empiriche. In particolare:

  • analisi empiriche quantitative, qualitative o mixed method volte a esplorare variazioni territoriali, esiti, condizioni e contesti delle transizioni scuola-lavoro in casi singoli e in prospettiva comparata intra- e inter-nazionale;

  • casi studi e paper comparati su sistemi di governance multilivello e differenze territoriali nell’erogazione di servizi e politiche legati a formazione e lavoro;

  • esplorazioni degli impatti territoriali della pandemia e della Grande Recessione del 2008 sui giovani in transizione;

  • analisi di politiche e riforme che hanno effetti potenziali sulle transizioni, sul corso di vita e sulle opportunità dei giovani, in Italia e in Europa.

Sessione 22: A Ticket to Nowhere? Traiettorie lavorative e vulnerabilità nelle industrie creative

Coordinamento:

Giulia Cavallini
Università di Firenze
giulia.cavallini@unifi.it

Rebecca Paraciani
Università di Bologna
rebecca.paraciani2@unibo.it

Dario Raspanti
Università di Firenze
dario.raspanti@unifi.it


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Le industrie culturali e creative (ICC) sono considerate come uno dei motori economici del XXI secolo e come un ambito dove il lavoro può configurarsi come uno spazio di libertà e autorealizzazione (Hesmondhalgh e Baker 2013; McRobbie 2016). Tuttavia, la sociologia del lavoro ha mostrato le condizioni di vulnerabilità dei lavoratori e delle lavoratrici delle ICC (Bellini et al. 2018; Taylor e Luckman 2018;) e le forme di esclusione che li/le investono (Banks 2017; Conor et al. 2015; Pulignano et al. 2023). Tra le cause individuate si trovano basse retribuzioni, forme precarie o gratuite di impiego (Ross 2009; Brook et al. 2020) all’interno di modalità organizzative project-based (Peticca-Harris et al. 2015), carriere discontinue, chiamate anche “portfolio careers” (Ashton 2015; Gold e Fraser 2002; Stokes 2021), basate sull’economia della reputazione che premia le capacità di self-branding (Gandini 2016), e la difficoltà delle organizzazioni sindacali a rappresentarne gli interessi (Dorigatti et al. 2022). A seguito dell’emergenza pandemica iniziata nel 2019, tali forme di vulnerabilità sono venute alla luce con maggior forza (Bataille et al. 2020).

La sessione vuole invitare contributi che studino, a livello empirico e teorico, il fenomeno della moltiplicazione delle forme di lavoro nei settori creativi che mettono fine al modello job-for-life, da un punto di vista strutturale, soggettivo o relazionale e che evidenzino il nesso tra traiettorie di lavoro e vulnerabilità. Sono particolarmente graditi contributi che riflettano su:

  • i fattori significativi che influenzano le sfide affrontate dai lavoratori e dalle lavoratrici della creatività, come le dimensioni del genere e dell’età;

  • le differenze nelle traiettorie e nell’esperienza della vulnerabilità dei professionisti high- e low-skilled (senso del lavoro, della gratuità, reputazione);

  • l’osmosi tra lavoro dipendente e indipendente e plurioccupazioni;

  • l’influenza dell’organizzazione del lavoro project-based sulle condizioni di lavoro;

  • il ruolo delle comunità professionali;

  • l’eterogeneità dei tipi di vulnerabilità nelle ICC;

  • il ruolo delle nuove e delle vecchie forme di rappresentanza collettiva.

Sessione 21: Sociologia della finanza

Coordinamento:

Niccolò Casnici
Università di Brescia
niccolo.casnici@unibs.it

Antonello Podda
Università di Cagliari
podda@unica.it

Marco Zurru
Università di Cagliari
zurru@unica.it


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Come in gran parte dei paesi occidentali, da anni anche in Italia logiche e dispositivi di tipo finanziario stanno vivendo una fase di netta espansione, penetrando non solo nelle organizzazioni, ma anche nella sfera politica, oltre che nella vita quotidiana degli individui. Tali mutazioni vanno inquadrate in una dimensione ulteriore rispetto alla classica dicotomia tra paradigma socio-economico “produttivista” e “finanzo-centrico”: in effetti, la crescente digitalizzazione pone al centro dell’attenzione i processi di disintermediazione e i suoi effetti, quanto mai ambigui; si assiste invero alla migrazione verso il Web di numerose attività economico-produttive e finanziarie, alla diffusione di nuovi modelli governance aziendale e alla comparsa di nuovi dispositivi socio-tecnici performativi (come, ad esempio, algoritmi e monete virtuali), in grado di riconfigurare i paradigmi di scambio tradizionali. D’altro canto, emergono parallelamente anche forme innovative di radicamento e ri-territorializzazione, che rispondono all’esigenza di ricostruire relazioni di prossimità anche in un mondo iper-globalizzato, dando vita a mix inediti tra azione economica e azione sociale, denaro e intimità, luoghi e realtà virtuali.

Studiare i processi di finanziarizzazione dell’economia e della società è particolarmente complicato perché, per un verso, i fattori che sostengono queste trasformazioni sono molteplici e multi-dimensionali. D’altro canto, è particolarmente difficile anche inquadrarne gli esiti sociali, poiché si tratta di cambiamenti che investono -a livello micro e meso- percezioni, comportamenti e relazioni sociali; al contempo, a livello macro, investono anche la sfera culturale, tecnologica e istituzionale, con effetti reali suoi processi di sviluppo. Riguardo a quest’ultima dimensione, è particolarmente rilevante analizzare la connessione tra finanziarizzazione, mutamento degli assetti regolativi dell’economia e propagazione delle disuguaglianze socio-economiche: in quest’ottica, gli studi sociologici sulla finanza intercettano il ricco e promettente filone di ricerca sull’economia fondamentale, con il duplice obiettivo di: (i) mettere in luce le criticità di un sistema in cui sempre più spesso logiche estrattive tendono a rimpiazzare logiche di creazione di valore e (ii) proporre nuovi modelli di governance e di cittadinanza sociale.

Vista l’ampiezza dei temi in questione, la sessione è aperta a contributi sia teorici sia empirici, anche di taglio interdisciplinare, sulle seguenti aree di ricerca:

  • Finanza e disuguaglianze sociali;

  • Studi sociologici sul denaro;

  • Mercati finanziari e strumenti di regolazione;

  • Finanza, media e tecnologia;

  • Finanza, culture e religioni;

  • Finanza, lavoro e governance d’impresa;

  • Esiti della trasformazione del sistema bancario;

  • Finanza, welfare, politiche pubbliche, sviluppo locale;

  • Educazione finanziaria;

  • Finanza e mercati illegali;

  • Metodi e strumenti di analisi dei mercati finanziari;

  • Nuove pratiche di consumo e investimento.

Sessione 20: Processi di deindustrializzazione e società locali. Politiche, pratiche e azioni di prossimità

Coordinamento:

Letizia Carrera
Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”
letizia.carrera@uniba.it

Carlo Colloca
Università di Catania
carlo.colloca@unict.it

Vittorio Martone
Università di Torino
vittorio.martone@unito.it


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Nel dibattito attorno alle conseguenze economiche, sociali ed ecologiche dei processi di deindustrializzazione, all’attenzione per la rifunzionalizzazione di aree dismesse da bonificare e rigenerare, si affianca il crescente interesse per le “rovine” dell’industrialismo. La prossimità spaziale di queste rovine alimenta condizioni di svantaggio sociale e materiale, concentrando fratture e processi non opportunamente governabili che complicano politiche, pratiche e attività di compensazione, riconversione e transizione ecologica, ovvero l’inclusione di gruppi sociali e occupazionali danneggiati dalle eredità o dalle progressive dismissioni di settori produttivi inquinanti. Tuttavia, ogni pratica di prossimità può affermarsi, sia generando distanze e livelli di dissociazione sia anche stabilendo forme funzionali di comunicazione e di intensità relazionale.

Con riferimento ai contesti urbani, si registra la presenza di luoghi in cui convivono processi di attivazione, riattivazione e disattivazione che recuperano siti abbandonati restituendoli alle comunità. Presìdi di un’innovazione non soltanto culturale, ma anche socio-economica e civica che, offrendo attività eterogenee e ambienti multifunzionali, facilitano relazioni tra persone differenti. Infrastrutture di prossimità che promuovono pratiche culturali collaborative che attivano i cittadini. Rigenerano e non riqualificano, perché insistono sui “contenuti”, e non sul “contenitore”, per dare nuova linfa a intere collettività. I processi di rigenerazione – così immaginati – possono ricomprendere l’intero scenario urbano, a partire da percorsi di ripensamento della qualità materiale e immateriale dello spazio pubblico, inteso quale luogo della vita quotidiana. All’interno di questi, rivestono una funzione importante le politiche urbane che sostengano o stimolino le economie locali sia per il loro valore socio-economico sia anche in quanto elemento di vitalità dei territori e veri e propri presidi civici.

Sessione 19: Varieties of Digitalisation: Trasformazioni produttive e del lavoro nelle nuove traiettorie digitali

Coordinamento:

Sara Caria
Università di Modena e Reggio Emilia
sara.caria@unimore.it

Matteo Rinaldini
Università di Modena e Reggio Emilia
matteo.rinaldini@unimore.it

Valeria Cirillo
Università di Bari “Aldo Moro”
valeria.cirillo@uniba.it 


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Le attuali trasformazioni tecnologiche si accompagnano a profondi cambiamenti degli spazi, delle modalità e dei tempi dei processi produttivi, che pongono nuove sfide per la sostenibilità sociale ed economica del modello di sviluppo locale, nazionale e globale. Lo sviluppo tecnologico, tuttavia, può declinarsi in una pluralità di forme tecno-organizzative e seguire diverse traiettorie anche a seconda del posizionamento delle imprese e dei territori nelle gerarchie internazionali delineate dalle catene del valore. La scelta di una specifica opzione tecnologica piuttosto che un’altra, da una parte, e delle sue modalità di adozione, dall’altra, contribuisce a caratterizzare i cambiamenti che si verificano nel tessuto socio economico a partire dall’ambito produttivo, ma con evidenti ricadute sulla società nel suo complesso. Gli attori istituzionali, sociali ed economici sono quindi chiamati a confrontarsi con scelte strategiche di implementazione delle tecnologie a livello micro, meso e macro.

Per quanto riguarda la transizione digitale e la sua applicazione ai processi produttivi manufatturieri, per esempio, il dibattito si è articolato attorno alla polarizzazione tra approcci di digitalizzazione “twin oriented” o “shadow oriented”, a partire da due modelli di interazione tra oggetto fisico ed il suo gemello digitale, che determinano impatti differenti, sia in termini qualitativi, che in termini quantitativi sull’organizzazione e le condizioni di lavoro e sulla struttura occupazionale. Questo dibattito si alimenta di contributi che provengono da prospettive diverse e che esplorano, tra gli altri aspetti, le strategie produttive e di business aziendale collegate alla digitalizzazione (stile di digitalizzazione giapponese versus industria 4.0 alla tedesca), oppure l’interazione tra digitalizzazione e configurazioni economico-istituzionali più ampie e radicate nelle specificità dei territori (variety of capitalism e gli assetti istituzionali che ne conseguono).

Ne deriva un panorama complesso e frastagliato che ha condotto all’introduzione del termine “varieties of digitalisation”, che può essere declinato di volta in volta su scale diverse, ed è utile ad individuare un insieme sempre più ampio di fattori che determinano le traiettorie tecnologiche.

La sessione intende riflettere sulla sfida della digitalizzazione, specificamente sulle declinazioni che “varieties of digitalisation” può assumere nell’ambito manifatturiero, sia inteso in termini di processo produttivo tradizionale, sia in relazione un ecosistema industriale sempre più eterogeneo e ibridato con altri settori. Si incoraggiano i partecipanti a partecipare a questo dibattito, con contributi di diversa natura e su diversa scala (da analisi firm level ad analisi di contesto più ampie) che entrino in dialogo con le questioni fin qui accennate, da cui emergono, tra le molte possibili, questioni quali:

  • Come definire le traiettorie digitali da un punto di vista multi-disciplinare che possa valorizzare ed integrare prospettive teorico-empiriche diverse?

  • Quali strumenti teorici e metodologici possono essere utili a comprenderne le ricadute in termini di occupazione, organizzazione e qualità del lavoro?

  • Quali sono le indicazioni che provengono da studi empirici e quali le categorie analitiche con cui si è cimentata la letteratura e con quali esiti?

  • Quali le opportunità e le sfide che affrontano i diversi attori coinvolti nelle trasformazioni digitali?

Sessione 18: Le nuove sfide nei lavori del welfare fra trasformazioni sociali e socio-demografiche

Coordinamento:

Maurizio Busacca
Università Ca’ Foscari di Venezia
maurizio.busacca@unive.it

Francesco Paolo Cerase
Università di Napoli “Federico II”
cerase@unina.it

Andrea Parma
Politecnico di Milano
andrea.parma@polimi.it


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Il welfare state italiano è caratterizzato da alcune fragilità – in particolare frammentazione (Kazepov & Barberis, 2013), sottofinanziamento (Gori, 2012), scarsa professionalizzazione (Busacca & Da Roit, 2021) – che sono state ampiamente indagate da studiosi italiani e stranieri, i quali hanno messo in luce i meccanismi di path-dependency (Andreotti & Sabatinelli, 2004) e di governance (Bonetti e Villa, 2019) che hanno contribuito a determinarle.

Tuttavia, solo un numero limitato di studi (tra questi Arlotti et al. 2020; Da Roit & Busacca 2023; Leonardi et al. 2021) si è focalizzato su come il lavoro nel campo delle politiche sociali (inteso anche come professionalità, qualificazioni, organizzazione, forme contrattuali, modalità di erogazione,…) contribuisca alla qualità del sistema di welfare, tenendo conto delle rilevanti trasformazioni socio-demografiche che caratterizzano la nostra società.

In particolare, i tassi di natalità sempre più bassi, l’allungamento della vita media degli italiani e delle italiane e la crescente presenza di ultra-sessantacinquenni e ultra-ottantenni pone un problema di sostenibilità sociale almeno da tre punti di vista: per la sostenibilità del sistema pensionistico; per quella del sistema sanitario; per le relazioni tra generazioni quando a fronte di risorse pubbliche insufficienti, il soddisfacimento delle attese degli anziani implica il non soddisfacimento di attese altrettanto legittime di altre fasce della popolazione, in particolare delle generazioni più giovani. Come conciliare tali attese tra di loro?

Se questo appare come un dilemma, si potrebbe cercare di ribaltare la prospettiva di analisi e, attingendo alla letteratura corrente, provare a vedere nella presenza di anziani e più specificamente nell’allungamento della vita di sempre più persone non già un peso, ma una potenziale risorsa sociale in grado di contribuire ad affrontare il problema di sostenibilità sociale che la stessa maggiore presenza di anziani genera.

Inoltre, più in generale, è interessante indagare quale contributo le trasformazioni del lavoro sociale possono dare per affrontare il problema della sostenibilità sociale connesso alle trasformazioni socio-demografiche. L’idea da cui la sessione nasce, infatti, è che attraverso lo studio del rapporto tra trasformazioni del lavoro sociale e di quelle socio-demografiche sia possibile comprendere in modo efficace alcune delle trasformazioni del welfare state italiano.

A titolo esemplificativo e non esaustivo, gli aspetti su cui ci si attende che le proposte si focalizzino riguardano le forme che sta assumendo il processo di territorializzazione del welfare state (cd welfare locale), le nuove configurazioni e i nuovi sistemi di relazioni tra gli attori (cd welfare mix, welfare di comunità, reti del welfare, secondo welfare), il coinvolgimento degli utenti come risorse per la costruzione di soluzioni di welfare, anche attraverso l’introduzione di nuove forme di partnership tra la PA, i cittadini e le loro organizzazioni, compresi sindacati dei pensionati e le associazioni delle persone più anziane (cd co-progettazione) e la rapida diffusione di nuovi strumenti di lavoro digitali (cd digitalizzazione del welfare state).

Analogamente, ci si augura che questi approfondimenti possano essere affrontati da prospettive teoriche tra loro diverse, come ad esempio professionismo e street level bureaucracy, purché mettano al centro della riflessione il lavoro nelle politiche sociali.

L’obiettivo di questa sessione è approfondire questi aspetti e per farlo si invita alla presentazione di articoli sia teorici sia frutto di ricerche empiriche che esplorino il rapporto tra mutamenti del lavoro nell’ambito delle politiche sociali, trasformazioni socio-demografiche e cambiamento del welfare state, in particolare nella prospettiva del welfare locale.