#2/2014 – GIAN PRIMO CELLA con Roberto Pedersini

 Ritorniamo alla Sociologia, che in quegli anni andava istituzionalizzandosi nell’accademia italiana…

 Il processo di affermazione e istituzionalizzazione della Sociologia ha avuto diversi sostenitori in quegli anni. In primo luogo, c’era il sostegno di personalità che non provenivano dalla Sociologia, ma che consideravano positiva la sua affermazione in ambito universitario. Si trattava di personalità accademiche di prestigio, per cui la loro posizione ha avuto sicuramente un effetto positivo, come Pietro Rossi, o fra gli economisti Francesco Vito, che fu Rettore alla Cattolica, o lo stesso padre Gemelli, o Renato Treves, che proveniva dalla Filosofia del diritto. Poi c’era il ruolo giocato da alcune istituzioni di ricerca importanti, che hanno contribuito a sostenere ed alimentare la Sociologia, prima della sua istituzionalizzazione universitaria: fra queste troviamo, per esempio, la Svimez, per quanto riguarda il Mezzogiorno, il Centro nazionale di prevenzione e difesa sociale, che era il centro di studi della magistratura italiana ed è stato molto rilevante, il Mulino e il Cattaneo di Bologna; alcuni istituti regionali di ricerca, come l’Istituto lombardo di studi economici e sociali (Ilses); ovviamente, fra le imprese, l’Olivetti. Tutte queste organizzazioni e le loro iniziative al di fuori dell’Università alimentavano la Sociologia e i suoi inizi. Poi il processo di istituzionalizzazione iniziò con le cattedre, con i posti da ordinario (il primo concorso credo che sia nel 1960): la prima “terna” fu composta da Franco Ferrarotti, ovviamente poiché era il più noto e il più prestigioso sociologo italiano, Giovanni Sartori, che diventò scienziato politico ma vinse il concorso di sociologia, e poi Alessandro Pizzorno. Il secondo fu quello di Francesco Alberoni, Angelo Pagani e Franco Leonardi. Ma i concorsi furono pochi: credo che nel 1970 gli ordinari di Sociologia fossero solo dieci. La fondazione della Sociologia e la sua istituzionalizzazione accademica si realizzò con questi primi concorsi e con queste prime persone, fino alla riforma dell’Università del 1975, quando furono banditi cinque concorsi per una ventina di posti per professore ordinario.

E la Sociologia economica?

 _t.jpgInnanzitutto, Ferrarotti aveva portato contributi importanti nel campo della sociologia del lavoro e del sindacato. Ferrarotti si era occupato di molti temi e, ad un certo punto, gli studi sul sindacato e di sociologia del lavoro avevano assunto un peso notevole nella sua ricerca e nella sua produzione scientifica. Ricordo un suo libro che mi piacque moltissimo, uscito all’inizio degli anni Sessanta come seconda edizione di un suo precedente lavoro: Sindacati e potere negli Stati Uniti d’America. Un libro ancora oggi bellissimo, frutto di uno studio sui sindacati americani. Poi, Baglioni è stato il primo ad essere ordinario di Sociologia del lavoro, anche se allora tutti i concorsi erano di Sociologia e non c’erano concorsi specialistici. Solo nel 1975 furono introdotti i raggruppamenti disciplinari, con la presenza del settore della Sociologia economica, del lavoro e dell’organizzazione, quando vinsi il concorso.

D.- La comunità dei sociologi si è formata in quegli anni? C’erano attività associative?

 R. – Si parlò a lungo della costituzione di una associazione di Sociologia, ma si dovrà arrivare all’inizio degli anni Ottanta per ottenere qualche risultato. In precedenza, ci furono tentativi, ma già emerse quella situazione di divisione, che è stata per molti aspetti una sciagura per la Sociologia italiana: la divisione in due correnti, quella dei cosiddetti “cattolici” e quella dei “laici”. Noi che venivamo dalla Cattolica e poi ne eravamo usciti ci trovavamo in una posizione un po’ particolare, perché non eravamo con i cattolici ma con i laici. La grande maggioranza di quelli che avevano lavorato con Alberoni si è poi identificata, anche se con forme diverse, con la corrente laica. Debbo dire che questa divisione, anche per merito mio e di molti miei colleghi, nell’area della Sociologia economica e del lavoro non ha mai avuto rilevanza. Qualcuno ci ha detto che la divisione non era rilevante perché eravamo tutti della corrente laica, ma non è proprio così: tutta la vita associativa è sempre stata organizzata senza divisioni e credo che questo sia un titolo di merito.

AIS-ELO@Rockfeller

 C’è qualcuno che oggi attribuisce a questa divisione anche la scarsa capacità della Sociologia italiana di sostenere e riconoscere la qualità della produzione scientifica: tu cosa ne pensi?

 È evidente che quando si strutturano gruppi identitari, tendono a prevalere gli obiettivi di riconoscimento. È un po’ quello che capita anche fra Cgil, Cisl e Uil, ossia prevalgono gli obiettivi di rafforzamento del gruppo. Per cui, in una scelta fra due persone, viene favorita quella che consente di rafforzare il gruppo a cui appartiene la maggioranza di quelle che devono scegliere, anche trascurando il merito. Anche Cgil, Cisl e Uil a volte ricercano obiettivi o successi di riconoscimento: alcune cose si ottengono perché le hanno richieste la Cisl o la Uil o la Cgil, senza guardare al contenuto delle richieste.

Come si esce da questa impasse?

Superando le componenti e, in questo senso, l’affermazione di criteri di valutazione più oggettivi potrebbe in qualche modo favorirne il superamento: spero che nei più giovani prevalga questo orientamento…

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